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“Io tornerò un lunedì. Ma non è mai lunedì“. Recita così il ritornello di Tango, canzone di Tananai che si è classificata quinta al Festival di Sanremo. Non esistessero i lunedì, l’Inter avrebbe almeno 5 punti in più in classifica oppure battezzerebbe la domenica come nuovo giorno in cui rovinare puntualmente il morale alla sua piazza. Perché il punto è esattamente questo: nel momento in cui la squadra di Simone Inzaghi sembra aver risolto i suoi problemi in campo, ecco subito la pronta smentita con conseguente caduta. Il leitmotiv del 2023 nerazzurro è un pendolo che oscilla tra l’esaltazione per un big match vinto e la depressione per i punti persi contro le “piccole” nelle partite immediatamente successive.
Nell’ultima sfida di campionato è toccato alla Sampdoria della leggenda nerazzurra Dejan Stankovic mettere a nudo i difetti dell’Inter e non è che le sia servito molto: è bastata una militarizzazione dei soli concetti di contenimento, neanche tanto avanguardisti. Per il resto ha fatto tutto la squadra ospite, ansiosa di segnare, nervosa (fin troppo), imprecisa e autrice di una prova mediocre, per l’ennesima volta. Il risultato finale è stato uno 0-0 che ha lasciato i nerazzurri invischiati in una bagarre per tre posti per la qualificazione in Champions League, in un fazzoletto di classifica affollato quasi come l’area di rigore blucerchiata di ieri sera. E se l’esito è come quello della partita di Marassi…
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Sampdoria-Inter, nerazzurri poco pungenti: tanta confusione a pochi passi da Audero
A Genova l’Inter, per l’occasione in divisa gialla, si è presentata con il piglio di chi la pratica blucerchiata volesse chiuderla quanto prima, in stile gara contro l’Hellas Verona o, anche, come fatto nel derby di due domeniche fa. Gli uomini di Simone Inzaghi, nel primo tempo, hanno avuto il merito di imporsi nonostante la difesa schierata dei padroni di casa, muovendo a proprio piacimento il blocco Samp formato da ben 3 barricate (praticamente tutti portiere escluso). Paradossalmente, le difficoltà maggiori nella rifinitura sono emerse nelle rare occasioni in cui gli uomini di Dejan Stankovic hanno concesso campo aperto.
A fare la differenza in negativo sono stati soprattutto gli appoggi sbagliati di Robin Gosens – che avrebbe l’attenuante di un leggero problema agli adduttori -, gli accompagnamenti superficiali da parte di Henrikh Mkhitaryan ed Hakan Çalhanoğlu e un Romelu Lukaku che ha smarrito il suo punto di forza dell’era Antonio Conte, ovverosia l’esplosività e quel mix tra fisico usato bene e associazione con i compagni. A proposito di compagni: nonostante un giro palla anche discretamente veloce, è mancata la precisione nella finalizzazione, con Lautaro Martinez che ha sprecato un cioccolatino regalatogli da Matteo Darmian per San Valentino. Il Toro di Bahia Blanca ha dimostrato così di amare solo la sua Agustina (peraltro in attesa del secondogenito) e alla vigilia della loro festa non ha accettato regali né tantomeno è stato in vena di farne a nessuno di diverso dalla sua hermosa, come messo in chiaro anche al 95′ quando a servirlo è stato Federico Dimarco, a tu per tu con il portiere Emil Audero.
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Sampdoria-Inter, quel siparietto tra Lukaku e Barella: la tenuta del belga e le solite sbracciate
Il volto attonito e quasi rassegnato di Simone Inzaghi, almeno per quanto riguarda la serata di Marassi, rischia di arrivare secondo in una classifica ipotetica delle “facce da campo”. Quella di Romelu Lukaku, infatti, ha parlato e non solo con l’espressione di chi ne avesse abbastanza ma anche con le parole, e verso un preciso destinatario. Perché i problemi dell’Inter passano spesso anche per una difficile comunicazione in campo di uno dei suoi uomo più sanguigni, ovvero Nicolò Barella, con la classica sbracciata che lo contraddistingue. L’atteggiamento reiterato del centrocampista sardo contro la Sampdoria non deve essere andato giù, evidentemente, al 90 belga che, verso la fine del primo tempo, non ha dosato le parole per rimproverare il suo compagno di squadra.
Probabile che alla base di quest’aspra diatriba ci fosse proprio la prova dell’attaccante, non all’altezza dei fasti di Antonio Conte, seppur con qualche discreto lampo. L’ex Chelsea si è, infatti, reso protagonista con il tiro verso Audero all’apertura, così come con palloni ben addomesticati e un paio di aperture verso l’accorrente Robin Gosens. Troppo poco, specie se si considera il dato che rasenta l’horror di una LuLa praticamente inesistente con la miseria di tre scambi effettuati in 57′. A ridosso dell’ora di gioco, perciò, Simone Inzaghi ha deciso di richiamare in panchina sia Lukaku che Barella e se per il primo ciò si poteva preventivare, per il secondo, invece, la decisione del mister ha risuonato come una punizione stile “studente dietro la lavagna”, reo di aver toppato sulla condotta, laddove per rendimento era sembrato il migliore della classe.

Inter, il peso di essere superiori sulla carta: a Genova un copione già visto
“Con quella faccia un po’ così. Quell’espressione un po’ così che abbiamo noi prima di andare a Genova”, così recita Paolo Conte, per rimanere in tema musicale ma il “dopo” forse è ancora peggio. Perché per il secondo anno consecutivo l’Inter di Simone Inzaghi esce ridimensionata da una trasferta a Genova, dopo aver salutato un pezzo di tricolore lo scorso 25 febbraio contro il Genoa dell’allora tecnico Alexander Blessin, poi retrocesso in Serie B a fine campionato. Nel posticipo del lunedì di quasi dodici mesi dopo tocca ai cugini doriani regalarsi il classico quarto d’ora di gloria di Andy Warhol alzando un paio di barricate all’italiana, come probabilissimo premio di consolazione prima di un tracollo (non solo calcistico) già annunciato.
Non solo, perché non c’è stato bisogno scavare nell’almanacco del campionato 2021/2022 per trovare uno scialbo pareggio contro una squadra di livello inferiore. È bastato tornare al 7 gennaio scorso e alla trasferta di Monza o nei regolamentari di Coppa Italia contro il Parma di pochi giorni dopo, oppure, per rimanere in tema “brutte prestazioni”: lo 0-1 con l’Empoli di due settimane fa e lo zuccherino della vittoria per 1-0 sull’Hellas Verona al termine di una partita dove la squadra ha avuto l’input di speculare per 89′, ossia dopo il gol di Lautaro Martinez.
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Inter, DNA di una squadra camaleontica al contrario: atteso il giudizio su Inzaghi
Il cane ha abbaiato ma non ha morso. Eppure la “preda” grondava sangue un po’ da tutte le parti, con difficoltà conclamate alla vigilia, a proposito undici da mettere in campo e di ciò che di spiacevole sta accadendo alla Sampdoria dietro le scrivanie. L’Inter di Simone Inzaghi, tuttavia, guarda esclusivamente a se stessa: non è camaleontica, non è duttile se c’è bisogno di prendere le misure all’avversario per poi punirlo sfruttando i suoi punti deboli; piuttosto, si può dire che è un gruppo empatico perché sente le difficoltà del dirimpettaio e le riproduce con tutti gli undici o quasi. Valore etico notevole, peccato originale nel gioco del calcio. Un peccato del quale, prima o poi, il tecnico piacentino dovrà essere chiamato a rendere ragione, e non davanti alla stampa – dove non è che il questionario sia dei più probanti – bensì della dirigenza. La sensazione, a tal proposito, è che si attendano solo altre Genova per formalizzare il tutto.