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“Ehi amigo, i campioni sono così!”. Resterà per sempre impressa nella mente questa dichiarazione del Niño Maravilla Alexis Sanchez a chi, dopo la finale di Supercoppa italiana contro la Juventus di un anno fa, gli chiedeva se fosse soddisfatto del suo minutaggio con la maglia dell’Inter. Ad un campione come il cileno ex Barcellona basta uno scampolo di partita per risultare decisivo: se ne è accorto Antonio Conte nell’anno dello scudetto e lo ha toccato con mano Simone Inzaghi, specie nella notte di San Siro del 12 gennaio 2022, quando proprio Sanchez fu decisivo con il gol della vittoria finale, al 121′ di una partita contro i bianconeri di Massimiliano Allegri bloccata sull’1-1.
I campioni, tuttavia, sentono il bisogno di divertirsi e di essere quanto più centrali all’interno di un progetto, o almeno è quello che cercava Alexis Sanchez, che la scorsa estate, alla soglia dei 34 anni, ha lasciato Milano e l’Inter, in direzione Marsiglia. Decisiva per l’uscita del calciatore cileno è stata, tuttavia, anche la volontà dello stesso club nerazzurro di liberarsi di un ingaggio pesante da 7 milioni di euro netti, specie dopo il ritorno alla Pinetina di Romeu Lukaku. Motivo, questo, per il quale per formalizzare questa separazione si è reso necessario un pagamento di una buonuscita all’attaccante, pari a circa 4,5 milioni.
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Inter, tra infortuni e trofei: i numeri di Sanchez in nerazzurro
Era l’estate del 2019 e la nuova Inter di Antonio Conte accoglieva due nuovi innesti dal Manchester United: Big Rom Lukaku ed il Niño Maravilla Sanchez. Due esuberi d’oro dalle parti di Old Trafford ma che, lavorati quotidianamente dal tecnico salentino, si sono rivelati indispensabili per la conquista dello scudetto nel 2021. Sono passati tre anni e mezzo e, sull’altare del bilancio si sono resi, invece, necessari i loro addii, seppur in modalità differenti perché se è vero che le nove cifre dell’offerta del Chelsea per l’attaccante belga erano impossibili da rifiutare, per l’ex Barcellona e Udinese, invece, si è forzato l’addio senza alcun entrata economica bensì, addirittura dietro lauto compenso, proprio come fatto un anno prima con lo stesso Conte.
Tre stagioni all’ombra del Duomo costellate, specie all’inizio, da pesanti infortuni e conseguenti ricadute: lo score di Alexis Sanchez con la maglia dell’Inter dice che il cileno ha messo a segno 20 gol e 23 assist in 109 partite disputate, risultando decisivo ogni 99,86 minuti con una rete o un’assistenza per i compagni. Decisivo, inoltre, il suo apporto nella cavalcata compiuta dai nerazzurri nel girone di ritorno che ha portato lo scudetto nel 2021, oltre che nelle coppe conquistate l’anno successivo durante la gestione tecnica targata Simone Inzaghi, dove ha spiccato soprattutto per il gol in finale di Supercoppa e nei quarti di finale di Coppa Italia contro la Roma.
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Inter, Sanchez protagonista al Marsiglia: come è cambiato l’attacco nerazzurro
Ad accogliere il due volte vincitore della Coppa America Alexis Sanchez, dopo l’addio all’Inter, è stato l’Olympique Marsiglia di Igor Tudor, anche lui vecchia conoscenza italiana per aver allenato Udinese ed Hellas Verona. In Ligue 1, l’ex di Arsenal e Barcellona è tornato protagonista assoluto, diventando centrale e trascinando i biancazzurri alle spalle del Paris Saint-Germain in campionato, ma anche ai quarti di finale di Coupe de France, dove proprio lo scorso 8 febbraio ha contribuito con un rigore trasformato alla vittoria per 2-1 su Lionel Messi e compagni e alla qualificazione al turno successivo. Con Tudor, il Niño Maravilla si è trasformato in Enfant Merveilleux, con 13 gol e un assist in 28 partite stagionali e un ruolo chiave come falso nueve libero di sganciarsi e dare inizio alla manovra entrando maggiormente nelle zone centrali e affollate del campo.
Di contro, il “nuovo-vecchio” attacco dell’Inter della stagione attuale, ovvero 2022/2023, si preannunciava, alla vigilia della prima di campionato a Lecce, come più solido e verticale, dato il ritorno di Romelu Lukaku, in prestito dal Chelsea. Simone Inzaghi non aveva fatto, però, i conti con la variabile infortuni che lo ha privato, per l’intera prima parte, proprio del figliuol prodigo belga. Ciò che, tuttavia, lo staff tecnico nerazzurro avrebbe potuto predisporre meglio, al netto di ogni infortunio , era un reparto offensivo che facesse dell’imprevedibilità e della fantasia le armi primarie contro uno stuolo di avversari, come quelli della Serie A, sempre tesi a rintanarsi chiudendo ogni spazio.

Inter, Inzaghi orfano del Niño: le statistiche sui dribbling in casa nerazzurra
Le partenze del Niño Maravilla e di Ivan Perisic hanno privato l’Inter del cosiddetto dribblatore, ovvero un calciatore che, saltando l’uomo, rompesse la tipica barricata ad hoc creata dall’avversario di turno. L’Alexis Sanchez della nuova avventura marsigliese, oltre ai gol che lo vedono protagonista, effettua 3.4 dribbling per gara, con il 70% di riuscita . Attualmente, nella rosa dell’Inter, nessuno arriva a questa soglia. Il maggior dribblatore a disposizione di Simone Inzaghi è Nicolò Barella, con 3.1 tentativi di dribbling per gara, con il 67% di riuscita (fonte: pagina Twitter Match Analyst Paride Pasta). Un dato, questo, che certamente fa crescere i rimpianti per aver privato il proprio arsenale di un’arma potenzialmente letale, ma fa riflettere, e non poco, anche sulla bontà di un progetto tecnico con delle falle che spesso vengono riflesse anche sul campo e negli stessi numeri.