- Continua a leggere sotto -
Nel raccontare questa storia è difficile non approcciarsi al suo protagonista con quella massiccia dose di dubbi, specie circa un suo senso di inadeguatezza, più o meno intenso, rispetto a luoghi, tempi e modalità. Oltre ai numeri, il volto più fedele dell’Inter di questo ultimo anno e tre quarti è quello pacato, e con molti più capelli bianchi, di mister Simone Inzaghi. Arrivato alla Pinetina in una rovente estate 2021 di semi-smobilitazione, l’ex tecnico laziale, più che “fare a botte” con il fantasma del suo predecessore, si è dovuto preoccupare di maneggiare “nel migliore dei modi” (come lui stesso ripete in ogni apparizione a qualsiasi microfono) la macchina tricolore messa a punto da Antonio Conte e dallo staff tecnico tra cui il prof. Antonio Pintus.
La storia della prima stagione dell’allenatore piacentino all’ombra del Duomo è nota a tutti: due trofei conquistati con l’Inter, vale a dire una Supercoppa italiana e una Coppa Italia, entrambi in finale contro la Juventus, ma, soprattutto, un secondo posto in campionato alle spalle del Milan, che ha parlato di un’inferiorità sul lungo percorso e, cosa più importante, nel risultato del doppio confronto. Infatti, alla sorprendente cavalcata del girone d’andata 2021/2022 ha fatto da contraltare un ritorno spaccato in una prima parte gravemente insufficiente e una seconda (inaugurata con la vittoria dell’Allianz Stadium contro i bianconeri) buona ma dove l’ansia di una nuova rimonta da sugellare ha fatto cadere i nerazzurri proprio sul più bello, nel recupero in quel di Bologna.
- Continua a leggere sotto -

Inter, la prima crisi di Inzaghi: quando un derby costa lo scudetto
Numeri ed ansia, con la seconda ad oltrepassare i primi, hanno fatto la differenza nel computo di una stagione che avrebbe visto, stando ai cosiddetti punti pugilistici, primeggiare la parte nerazzurra di Milano. A vincere il tricolore sono stati, invece, i ragazzi di Stefano Pioli che, meritando comunque ampiamente, hanno beneficiato di una serie di sussulti di nervi, gambe e anche di gioco complessivo, a partire da un derby di Milano giocato il 5 febbraio 2022. In quella occasione, il Milan si presentò al cospetto della capolista Inter con 4 punti di svantaggio e una pallida avvisaglia di stanchezza dopo non aver mai praticamente tirato in porta, insieme ad una Juventus complice, in uno dei peggiori spettacoli calcistici degli ultimi anni. Il derby, quel giorno, si andò configurando come squilibrato sia alla vigilia che al tramonto della prima ora di gioco ma si risolse, infine, a favore dei rossoneri che, con una doppietta di Olivier Giroud, rimontarono Ivan Perisic, Lautaro Martinez e compagni, involandosi verso lo scudetto.
Da quel giorno è come se l’Inter e il suo allenatore fossero diventati meno credibili, come se ogni scelta di Simone Inzaghi, sia nei 90′ che ai microfoni, avesse perso di consistenza. A suffragare questa tesi fu proprio un suo calciatore, Hakan Calhanoglu, il quale, il 22 giugno scorso, ad un anno esatto dal suo passaggio all’altra sponda del naviglio, dichiarò al media turco Tivibu Spor: “L’Inter è molto più forte del Milan, anche se abbiamo perso il campionato. È stato decisivo quel derby, che è cambiato improvvisamente al 75′ dopo che io e Perisic siamo stati sostituiti. Eravamo in vantaggio 1-0, poi abbiamo perso 2-1. Anche l’allenatore ha contribuito alla sconfitta, gliel’ho pure detto”. Il J’accuse dell’uomo con cui lo stesso Inzaghi aveva confessato di aver passato la maggior parte del tempo in vacanza (al telefono), si riferiva all’esatto momento della precisa partita in cui l’Inter avrebbe perso lo scudetto della seconda stella.
- Continua a leggere sotto -

Inter, dal baratro alla risalita: la svolta di Inzaghi contro il Milan
Allora fu “vana gloria” la cavalcata prima di quel maledetto derby? A rispondere sì ci ha pensato non solo il turco ex Milan ma anche gli stessi suoi vecchi compagni che, con lo scudetto sul petto, infliggono una nuova e cocente sconfitta nel derby d’andata del campionato 2022/2023 giocato lo scorso settembre, dando netta prova di superiorità. Il risultato è un 3-2 firmato Rafael Leão e Olivier Giroud che va anche oltre il risultato e che sembra scrivere la parola fine sul percorso di Simone Inzaghi alla guida dell’Inter. Tuttavia, un mese e tre sconfitte dopo (con Bayern Monaco, Udinese e Roma) la sua squadra prende a macinare punti e un gioco imperfetto, non all’altezza dei fasti dei primi mesi, ma comunque redditizio. Il tecnico laziale, capro espiatorio di un sistema tutt’ora claudicante dall’alto, è, per giunta, il primo artefice del miracolo Champions League, avendo condotto la sua squadra agli ottavi di finale, superando un girone con i bavaresi e il Barcellona.
Quando mancano poco più di quattro mesi alla fine della seconda stagione di Simone Inzaghi al timone dell’Inter, sono diversi i bilanci da poter tirare: alcuni figli degli albi d’oro, alcuni degli albi d’oro colpevolmente ciccati, altri, invece, delle prestazioni e del temperamento. Il particolarissimo bilancio limitato alla stracittadina parla, invece, di una compagine nerazzurra vincente in 3 dei 7 confronti avvenuti, tenendo conto di tutte le competizioni. Ai due 3-0 di Coppa Italia e Supercoppa ha, finalmente, fatto seguito l’1-0 di ieri, 5 febbraio 2023, guarda caso a 365 giorni dopo da quell’epokè che, più che sospendere il giudizio su Inzaghi, lo ha compromesso.

Inter, Inzaghi ritorna al futuro: le nuove prospettive post-derby
E allora, se anche nel calcio vige una mera logica della compensazione, ci sono gli estremi per credere che il gol di Lautaro Martinez abbia riportato gli orologi e il calendario indietro di un anno? Il gol del Toro di Bahìa Blanca ha, infatti, regalato al suo allenatore la prima vittoria in un derby milanese di Serie A segnando esattamente come Perisic aveva fatto un anno prima nel derby scudetto ovverosia su calcio d’angolo battuto da Hakan Calhanoglu. Lo stesso neo-capitano nerazzurro, ben supportato da tutti i suoi compagni coinvolti, non ha però dilapidato il vantaggio e la superiorità tout court dell’Inter sul Milan, per un derby che, alla fine ha visto Simone Inzaghi vincitore.
La domanda è: con questa vittoria, il tecnico interista può dirsi riabilitato con conseguente riscatto degli errori compiuti in questo anno, da derby a derby? E, in più, il primo derby vinto in campionato può aver “stappato quella lattina” (in gergo sudamericano) consegnando all’Inter un uomo nuovo, più consapevole e più leader? In tre parole: sarà vera gloria? Ai posteri l’ardua sentenza.